Il ruolo dell’intermediario immobiliare ha visto la propria affermazione tra gli anni settanta ed ottanta, sostituendosi agli allora “sensali”, ovvero soggetti che senza alcuna professionalità operavano, spesso ai limiti della legalità, per “mettere d’accordo” le parti al fine di definire un affare immobiliare. Successivamente furono quasi totalmente soppiantati da più appropriate modalità di intermediazione, maggiormente organizzate e, dalla fine degli anni ottanta, anche regolamentate da una specifica normativa.
Per qualche decennio la figura dell’Agente Immobiliare è cresciuta, ha acquisito una propria dignità ed un proprio spazio nel mercato del real estate. E’ proliferato il numero delle agenzie immobiliari e, seppur con qualche momento di flessione derivante dalla normale ciclicità, fino a qualche anno fa la professione di Agente Immobiliare era ritenuta una professione di successo.
Generava buoni guadagni per il singolo e le aziende più strutturate avevano sviluppato il loro business con il sistema del franchising o del network. Rimaneva forse qualche problema reputazionale per la categoria, ma d’altra parte ogni categoria ha le proprie “mele marce” e quindi non è mai giusto generalizzare.
Poi, alla fine degli anni duemila, arriva la forte crisi, più profonda del previsto poiché connessa ad una congiuntura economica ampiamente negativa anche a livello internazionale.
Lo scossone per il settore è stato davvero pesante, molti Agenti Immobiliari hanno fortemente diminuito il loro volume d’affari ed in qualche caso cambiato mestiere. Ma la causa in parecchie situazioni non è stata solo la tanto rinomata crisi.
E’ stata anche la scarsa volontà di evolvere, di crescere, di migliorare professionalmente.
E’ stata soprattutto la chiusura verso il cambiamento, l’innovazione, i moderni sistemi di lavoro. E’ stata la mancata attenzione verso un cliente che ha altre esigenze e che spesso è “più avanti”, che ha legittimamente pretese maggiori o più semplicemente adeguate ai tempi.
Ed anche oggi, in un momento di ripresa del mercato, che da almeno un triennio sta aumentando nel numero di compravendite anche favorito da una più favorevole politica creditizia da parte degli istituti bancari, quello che talvolta emerge è un forte ritardo.
Per molti è come se si percepisse un affanno per il timore di rimanere esclusi, “fuori dai giochi”, emarginati da un mercato che non aspetta nessuno ed è assolutamente promotore di una selezione darwiniana, dove non sempre sono i più grandi a resistere ma quelli che riescono invece ad adattarsi alle nuove modalità operative.
E’ in atto quella che io definisco “la partita del cambiamento”.
Una evoluzione che non attiene solo a tentativi, spesso velleitari, di recuperare il ritardo e l’arretratezza con nuove tecnologie. Per alcuni basta attrezzarsi ed “armarsi” dello smartphone di ultima generazione o di qualche nuova applicazione, per risolvere in tempi rapidi i problemi. Io credo che il problema sia più profondo. E i fatti spesso mi danno ragione.
La media degli Agenti Immobiliari inserziona i propri immobili attraverso i portali, usa i social network, attrezza le proprie agenzie con strumenti tecnologici, in qualche caso si serve di piattaforme di condivisione, da anni in uso corrente negli Stati Uniti.
Ma il risultato mediamente non cambia. Parliamoci chiaro: le nuove tecnologie sono essenziali e determinanti!
Ma quello che realmente serve è una nuova mentalità, oggi una maggiore cultura e molta più
preparazione.
Ed anche recentemente, ove sembra cadere l’incompatibilità e quindi appare evidente per l’Agente Immobiliare la possibilità di offrire davvero servizi a completamento dell’offerta per il cliente, l’ostacolo maggiore sarà la capacità di organizzarsi, di ragionare in maniera sistemica, di modernizzare la filiera operativa. Solo così si potranno cogliere tutte le opportunità del caso.
Ovviamente esistono delle eccellenze, professionisti che ottengono grandi risultati, alti volumi di fatturato ed erogano servizi ad alto valore aggiunto.
Ma la maggior parte degli Agenti Immobiliari non riesce ad essere protagonista principale del mercato.
Il motivo è molto semplice: anni di ritardo non si recuperano in un attimo, non si può passare dal “paleolitico” ai tempi moderni solo usando qualche strumento informatico o pensando che il web sia onnipotente e serva a nascondere la poca “consistenza” professionale.
Perché questo è il tema principale. Quella che io definisco “consistenza” professionale, fatta di molti ingredienti ma soprattutto costruita negli anni, mattone dopo mattone, con grande umiltà e rifuggendo dalle rendite di posizione, eliminando ogni forma di presunzione (molto presente nel settore!) e cercando di formarsi, come persone e professionisti e di evolvere costantemente.
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